Avvoltoi in giacca & cravatta
Lo studio dei fattori decisionali è un campo molto interessante della psicologia. In pratica viene studiato attraverso quali elementi le persone arrivano a compiere delle scelte. Non stupisce quindi che chi si occupa di marketing o di politica tenga molto in considerazione i risultati a cui la psicologia perviene. L’idea è più o meno quella di avvoltoi in giacca e cravatta che aspettano la loro preda…
Si potrebbe pensare che per comprendere come una persona abbia fatto una scelta piuttosto che un’altra basti chiedere al diretto interessato. Purtroppo però c’è un particolare: le persone mentono. Certo, non sempre in maniera deliberata, ma mentono. E non solo agli atri, ma soprattutto a se stesse. E tanto.
La mente politica (l’animale che mi porto dentro)
Per comprendere i motivi per cui ci raccontiamo delle frottole circa le nostre scelte è utile analizzare com’è fatto il nostro cervello. La neocorteccia, ovvero la parte razionale, è una conquista evolutivamente recente dell’uomo. Il talamo, l’ipotalamo e l’ipofisi, sede degli istinti viscerali, sono le parti più antiche, che condividiamo con gli animali. Quest’ultime svolgono una funzione fondamentale, e spesso sottovalutata, nel dirigere il nostro comportamento. Infatti, la nostra prima reazione agli stimoli esterni è di tipo emotivo, solo successivamente le nostre percezioni vengono rielaborate e razionalizzate, acquisendo una struttura logica coerente.
Ciò significa che quando ad esempio ci troviamo davanti a un potenziale pericolo, o a uno scaffale del supermercato o a un manifesto elettorale, la prima istantanea risonanza che avviene in noi è quel viscerale senso di attrazione o repulsione che ci spinge ad avvicinarci o ad allontanarci dallo stimolo che l’ha provocata, inducendoci a fuggire dalla fonte di pericolo, a comprare o non comprare il prodotto al supermercato o a votare o non votare quel particolare candidato. È evidente quindi che a questo livello la decisione è già stata presa. La successiva elaborazione della neocorteccia, l’unica della quale siamo consapevoli (e che per questo tendiamo a sovrastimare), consiste nell’imporre ai dati già processati una veste razionale.
A riprova di ciò, Damasio ha dimostrato come pazienti con danni alla zona ventromediale del cervello, benché perfettamente capaci di compiere analisi razionali, siano del tutto incapaci di attuare delle scelte. Il comportamento tipico di questi pazienti consiste nel valutare razionalmente i pro e i contro che una data decisione comporta, senza tuttavia essere capaci di giungere a una conclusione. Proverbiale in questo senso è il caso di un paziente che per fissare un appuntamento per una visita, tirata fuori l’agenda continuava in maniera spossante a valutare costi e benefici di ogni possibile giorno della settimana, senza riuscire a decidersi sulla data dell’incontro.
È adesso comprensibile perché quando veniamo interrogati sui motivi che ci hanno indotto a prendere ogni nostra decisione, siamo dei maestri nel trovarne una miriade. Mirabolanti esempi di logica applicata, rigorosi ragionamenti volti a sostenere inequivocabilmente le nostre scelte, che però si rivelano niente di più che amabili frottole. I giochi in realtà erano già stati fatti.
Il paradosso dell’operaio repubblicano
Questi meccanismi sono ben noti non solo a chi si occupa di marketing, ma anche a chi si occupa di comunicazione politica. Tuttavia, se mentre i primi se ne servono per farci comprare deliziosi inutili prodotti, i secondi li utilizzano per indurci a votare, a volte, contro i nostri reali interessi.
Vi siete mai chiesti come può un operaio votare a destra? Stando alla logica, il partito che rappresenta la classe operaia è la sinistra… Ma abbiamo già visto che la logica non sempre basta. Infatti, l’elettore nello scegliere il partito a cui dare il proprio voto non si affida solo (anzi spesso per niente) a valutazioni razionali circa il programma del politico, soppesando diligentemente vantaggi e svantaggi, riflettendo meticolosamente su pro e contro; ma piuttosto si affida al suo istinto, rispondendo emotivamente ai temi trattati dai candidati nella campagna elettorale. Ecco che un operaio con una personalità autoritaria può trovarsi in sintonia con l’idea di gerarchia della destra, con i valori repubblicani quali la meritocrazia e la disciplina. Insomma: è col cuore che si vota. E il cuore si sa, non vuole sentire ragioni.
Tecnologia della persuasione (messaggi che funzionano)
Davanti a un manifesto elettorale che ci mostra il bel faccione del candidato, la nostra prima reazione riguarda proprio l’espressione del viso, lo sguardo, gli occhi. In un certo senso di primo acchito siamo tutti “lombrosiani”: nessuno voterebbe uno con la faccia di Charles Manson.
Anche lo slogan utilizzato è importante. Un messaggio che intende essere persuasivo, non deve basarsi sulla razionalità. Il registro da usare è quello dell’emotività: far leva sui sentimenti parlando al cuore degli elettori, o se preferite, alla pancia. Inoltre, siccome la prima e più importante reazione è quella viscerale, lo slogan dovrebbe rispecchiare il linguaggio dell’inconscio. Ecco alcuni piccoli segreti:
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- 1)evitare di usare negazioni (come “non alzeremo le tasse”), in quanto l’alfabeto dell’inconscio è di tipo visivo. E per rappresentarci mentalmente una negazione dobbiamo necessariamente ricorrere alla sua affermazione. Come nel caso del cartello “vietato fumare”, che possiamo riprodurre visivamente solo ricorrendo all’immagine di una sigaretta accesa: proprio il gesto che si vuole vietare. Quindi, a livello inconscio ”non alzeremo le tasse” è vissuto come “alzeremo le tasse”.
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- 2)utilizzare frasi semplici: l’analisi di complicati giri di parole non è la specialità di un sistema primitivo come quello inconscio. Dunque è da preferire un lessico e una sintassi da quarta elementare, massimo quinta.
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- 3)utilizzare un linguaggio suggestivo, facendo ampio uso di metafore e immagini analogiche. L’inconscio non si fa troppe domande sul perché o sul come raggiungere concretamente un obiettivo: quello è compito della parte razionale. L’inconscio vuole solo sognare.
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- 4)imporre i propri frame. Un “frame” è una cornice dentro cui viene definito un argomento e che quindi ne delimita il significato. Ad esempio riferirsi a chi viene in Italia in cerca di lavoro come a un extracomunitario o a un clandestino attiva immediatamente in noi uno stereotipo culturale molto forte che fa leva sull’ancestrale paura del diverso. Infatti, facendo un gioco mentale di libere associazioni, alla parola extracomunitario rispondiamo automaticamente con “criminale”, “violento”, “sporco”, ignorante” e altri non troppo edificanti aggettivi. Lasciare che il nostro avversario politico inizi un discorso etichettando una persona col frame di extracomunitario significa lasciare che attivi nella mente di chi ascolta anche i significati negativi a esso associati.
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- 4b)L’antidoto: frame scaccia frame. Come difendersi quindi da questo meccanismo? Come l’antidoto contro un morso di serpente è utilizzare il suo stesso veleno, in questo caso l’unica strategia possibile è reincorniciare il discorso, usando però i nostri frame. Continuando l’esempio di prima, ricordare che anche noi italiani siamo stati un popolo che in periodi di crisi ha cercato fortuna altrove potrebbe essere un buon inizio.
Naturalmente questi princìpi valgono non solo per gli slogan, ma anche per i discorsi politici e per ogni tipo di comunicazione che vuole essere persuasiva.
Posologia: usare con cautela. (In caso di necessità rompere il vetro)
La presentazione di questi pochi princìpi (e ce ne sarebbero altri) non vuole essere un’istigazione a delinquere, ma un modo per arrivare efficacemente alla gente. In molti si sono ormai accorti della spiccata capacità della destra di comunicare. E anche della disastrosa incapacità della sinistra. Infatti, mentre la destra ha da tempo capito – grazie a cospicui investimenti nel campo della comunicazione – l’importanza dei fattori emotivi nella politica, la sinistra continua a credere che basti presentare nel modo più chiaro e razionale possibile le proprie posizioni e la gente non potrà non votarla. Questo almeno in Italia. In America le cose stanno diversamente. Obama è un abilissimo oratore, come pure lo fu Clinton (anche se quest’ultimo sarà ricordato solo per… esatto!).
I democratici, soprattutto nel nostro paese, si rifanno a un modello di mente razionale: è come se utilizzassero una cartina sbagliata per orientarsi. Non ci si deve quindi stupire se anziché arrivare in “piazza della vittoria” si ritrovano in “vicolo dei perdenti”.
P.S.: Se incontrate Bersani… dite che devo parlargli.
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Montecatini Terme
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Riceve a Montecatini Terme (PT)
PSICOLOGIA DI DESTRA E PSICOLOGIA DI SINISTRA
Siamo sempre stati convinti che l’orientamento politico della gente fosse una prerogativa essenziale del libero arbitrio e della scelta cosciente. Abbiamo letto recentemente su queste pagine che la dicotomia destra-sinistra si riferisce dai tempi dell’Illuminismo a categorie ideologiche e filosofiche riassunte nella tendenza all’egualitarismo e al progresso a sinistra e alla differenziazione e alla tradizione a destra (vedi N. Bobbio, Destra e Sinistra, Donzelli, 1994). Studi recenti sembrano però rivelare fattori più profondi in questa scelta; vi sarebbero insomma alcune disposizioni psicologiche con profonde radici nella fisiologia e nella genetica a determinare la nostra tendenza politica a destra o a sinistra («Science», voi. 321, 19 sett. 2008, 1667-9). Baker, allievo del Dr. Wilhelm Reich, aveva individuato queste tendenze, che definì caratteriali, già negli anni 60 con la descrizione del carattere di destra e quello di sinistra (vedi E. Baker, L’uomo nella trappola, Astrolabio, 1973). Psicologia di chi vota a destra Per Baker il tipo caratteriale di destra descrive quelle persone che hanno inventato la destra politica e che spesso la votano; queste ideologie sono lo specchio di una struttura caratteriale, emozionale e neurobiologica: il carattere conservatore. Il conservatore è una persona propensa all’emozione più che al sentimento, alla reazione fisica più che intellettuale, al misticismo più che al meccanicismo. Non da ultimo è profondamente selettivo nei contatti con i suoi simili (ecco la «diseguaglianza» di Bobbio). I valori a lui cari sono la libertà e l’indipendenza e in secondo piano la giustizia e la pace. Di conseguenza non ama l’intervento statale, rifugge dalle ingerenze esterne negli affari personali o che riguardano il suo stretto entourage, anche a scapito di tollerare alcune ingiustizie e qualche conflitto, che non disdice vista la sua natura fisica ed emozionale. Se si polarizza, le sue virtù diventano difetto, l’emozione si fa esplosiva, diventa brutale, totalitario e mistico (vedi le moderne teocrazie arabe), le caratteristiche psicologiche del fascista nero. Psicologia di chi vota a sinistra II tipo caratteriale di sinistra descrive invece quelle persone che hanno elaborato le ideologie politiche di sinistra e le votano; queste ideologie sono anch’esse lo specchio di una struttura caratteriale neurobiologica, e cioè il carattere progressista. Il progressista preferisce il sentimento all’emozione vera e propria, il raziocinio più che la reazione fisica (da qui la sua riluttanza ad ogni espressione fisica dell’aggressività); è tendenzialmente meccanicista e rifugge il misticismo. La sua propensione al collettivismo è diventata la sua bandiera. I valori a lui cari sono la pace e la giustizia e solo in seguito la libertà e l’indipendenza. È propenso al controllo delle ingiustizie soprattutto verso i meno privilegiati e alla regolamentazione dei conflitti, anche a scapito della libertà e dell’indipendenza. Se si polarizza, la sua razionalità si trasforma in difesa intellettuale e menzogna fino a livelli di estrema sofisticatezza, diventa cinico, totalitario e meccanicista (tutti conosciamo l’aberrante cinismo del regime sovietico), le caratteristiche del fascista rosso. Nella realtà le cose non sono semplici e lineari: secoli di storia hanno fatto sì che molti caratteri conservatori si schierino a sinistra (si pensi alla Russia post-sovietica dove i nostalgici comunisti sono rappresentati soprattutto da caratteri conservatori) e molti progressisti si schierino a destra (molti ideologi delle moderne teorie della destra neo-conservatrice sono rappresentati da caratteri progressisti). Ciò nondimeno rimangono le tendenze ideologiche. Ma il problema dove sta? Sta nella polarizzazione dei due versanti. Destra e sinistra sono due modi di funzionamento neurobiologico, entrambi legittimi. Invece di convivere tendono ad eliminarsi a vicenda provocando malattie sociali dalle conseguenze spesso spaventose. I valori a cui noi tutti teniamo sono gli stessi, sia per i conservatori che per i progressisti, cambia solo il loro ordine di importanza. La polarizzazione, invece, lacera il comune denominatore fra le due tendenze ed è sempre dipendente dalla nevrosi individuale. Chi si polarizza è una persona nevrotica che scarica i propri problemi e il proprio odio inconscio sulla società, sono gli pseudo-progressisti da una parte e i reazionari dall’altra. Questa è la vera scoperta del Dr. Baker. Nel passato, nella società autoritaria repressiva e compulsiva, non si riconoscevano «i nemici a destra» (i caratteri reazionari) con le ben note derive negli estremismi brutali di destra. Oggi nella società anti-autoritaria post-sessantottina, permissiva e impulsiva, rifiutiamo di vedere «i nemici a sinistra» (i caratteri pseudo-progressisti) con le caratteristiche derive nel cinico estremismo di sinistra (oltre ai regimi comunisti si pensi alla deriva della Rivoluzione francese con i suoi massacri). La polarizzazione è sempre sintomo di malattia dell’organizzazione sociale (e quindi un’organizzazione che perverte le leggi naturali dell’aggregazione degli individui) e per ciò altamente instabile: un’organizzazione sociale polarizzata può sfociare in un estremismo opposto alla tendenza del momento (aumento dei movimenti di estre-/ma destra nell’attuale egemonia culturale di sinistra) o in un’infiammazione verso gli estremi dell’ideologia del momento, in ogni caso niente di buono malgrado gli inni, le buone intenzioni e le sofisticate ideologie. Tutto ciò sembra un proclama politico per una scelta di centro. In verità è un proclama scientifico che ci ammonisce a riconoscere gli effetti devastanti che l’odio inconscio di certe nevrosi ha sull’organizzazione sociale umana.
Alberto Foglia, dr. med. FMH psichiatria Orgonomista. Membro dell’American college of orgonomy. Fondato dal Dr. W. Reich.